Il titolo è volutamente provocatorio, ma non troppo; come sempre, dietro una provocazione si nasconde qualcosa di vero, un’idea camuffata con ironia. Chi conosce il mio percorso sa che, nella mia formazione, oltre agli studi musicali ho approfondito, parallelamente, lo studio della filosofia all’università. All’apparenza le due materie potrebbero sembrare lontane e magari indifferenti l’una all’altra ma credo che questa idea sia solo una suddivisione un po’ semplicistica e superficiale.

Spesso, insegnando musica, oltre che con i miei allievi, mi rapporto con i genitori che, com’è normale, entrano in un mondo (quello della musica) che il più delle volte gli è sconosciuto, lontano e nuovo.

Le domande che ricevo da parte loro sono, di frequente, chiarimenti sul percorso, gli obiettivi e il metodo da utilizzare per diventare un buon musicista: “Qual è la strada migliore?”, “Che cosa deve fare mio figlio per migliorare?”, “Riuscirà a imparare a suonare in un anno? “e molte altre. Ovviamente non è semplice rispondere in modo univoco a queste domande e non riguardano solo aspetti prettamente “tecnici” dello strumento ma l’approccio in generale alla musica come stile di vita.

 

Torno al titolo di questo articolo.

Nel mio percorso come musicista mi sono accorto che oltre la cosiddetta “bravura” (che è indispensabile, intendiamoci) ci sono molti altri aspetti che, spesso sottovalutati, sono il vero perno della vita di un artista, o aspirante tale.

Provo a elencarne alcuni:

  1. Porsi degli obiettivi: questa capacità è fondamentale; chi si pone degli obiettivi fa un lavoro molto complesso.

Bisogna, infatti, saperseli porre in modo adeguato, proporzionati alle proprie capacità in un momento storico preciso. Confrontarsi con degli obiettivi irreali può essere molto frustrante, senza tener conto che l’Obiettivo finale, quello con la “O” maiuscola, magari è la somma di altri dieci o venti obiettivi più piccoli che mi portano alla meta.

Porsi degli obiettivi, inoltre, significa progettare un percorso e trovare i mezzi per farlo.

  1. Capacità di analisi: saper analizzare una cosa è una materia assai difficile. Tutto dipende da quanto abbiamo allenato la nostra visione.

Analizzare un problema, una condizione, un risultato, è proficuo se siamo in grado di farlo in maniera oggettiva, vale a dire inquadrando questa analisi nel contesto del nostro percorso, lasciando da parte, o mettendo tra parentesi, le aspettative dei nostri desideri.

Un progresso che può sembrare semplice o banale se paragonato all’abilità di un grande musicista, può essere invece, per noi, un passo da gigante.

 

  1. Gestione del tempo: mi piace pensare che la musica sia democratica: ti dà indietro tutto quello che le dai; se le dedichi del tempo con costanza, ti ripagherà con i suoi frutti, ma, altrettanto, sarà molto cinica nel caso contrario.

Non posso aspettarmi dei progressi da 100 se io investo 10;

 

  1. Creare soluzioni alternative: non sempre la strada è unica, molto spesso è più di una e non è detto che la strada migliore sia quella che tutti indicano. A volte, proprio la strada più solitaria è quella che riserva maggiori soddisfazioni.

Quando ho scelto di fare il musicista sono stati tantissimi i commenti ricevuti che, nel migliore dei casi, erano di sorpresa se non di disincentivo; provare a fare una scelta che “i più” non capivano è stato da un lato fonte di difficoltà ma al contempo la conferma che non mi ero adeguato a vivere la vita di qualcun altro.

In sintesi, nella mia esperienza: filosofia e musica sono più vicine di quanto possa sembrare. La prima mi ha dato la strada per seguire le emozioni giuste con criterio e consapevolezza, la seconda ha fatto si che queste emozioni prendessero voce nel modo più fantastico e indescrivibile possibile: con le note.

Buona musica!

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Comments (2)

Rosamaria Reato

Gen 17, 2019 at 11:16 PM Reply

Buongiorno a tutti, sono d’accordo con te Michele sugli aspetti che elenchi quali perno della vita di un artista. Precisamente, mi riferisco al musicista, dato che lo sono… 1. E’ necessario sapersi dare degli obiettivi in maniera adeguata ossia darsi delle mete raggiungibili perché commisurate alle proprie condizioni; e ciò è legato alla 2. capacità di valutare i propri esiti con onestà , allo scopo di meglio orientare il proprio lavoro; 3. gestire il tempo è, evidentemente, cruciale per realizzare qualcosa; 4. creare soluzioni alternative, nel senso di trovare la propria, per me si traduce nell’agire sempre più in coerenza con la propria personalità e quindi penso sia l’ideale che ogni musicista dovrebbe perseguire.
Sono felice per te se studiare filosofia ha partecipato molto nel farti maturare la scelta di fare il musicista. Naturalmente, ognuno ha il suo percorso. Per me vorrei dire che, se per musicista vogliamo intendere chi professionalmente si dedica al campo musicale aldilà della specifica attività svolta, allora nel mio caso hanno deciso anche le circostanze. Se invece intendiamo suonare o cantare… che altro?! …comunque esprimersi più direttamente attraverso la musica, allora ritengo di esserlo per natura… non l’ho scelto! Cioè, la predisposizione e la voglia di approfondire o le hai o no, non dipendono da una libera scelta. Almeno, parlo per esperienza su di me e come insegnante. Ma, chiaramente, musicisti in senso letterale si diventa e studiare musica seriamente è difficile: si tratta di intraprendere una strada molto esigente e che non raramente genera illusioni sul proprio avvenire però la soddisfazione che fa la differenza è aver corrisposto ad una passione forte. Quasi, o forse, ad una vocazione. Ho studiato la chitarra classica e oggi insegno questo strumento in una scuola media ad indirizzo musicale. L’insegnamento mi richiede intensa dedizione, purtroppo anche per faccende burocratiche che tante volte potrebbero essere snellite alla grande. Il mio mestiere principale quindi restringe lo spazio che posso riservarmi per fare la musicista in senso letterale sia come tempo materiale sia, francamente, come energie… Tuttavia, concerti ne ho sempre fatti nell’ordine di quattro, cinque all’anno, riferendomi a situazioni che reputo significative, cui possono affiancarsi piccoli pretesti come sottofondi alla lettura di poesie, intermezzi durante eventi quali la presentazione di un libro o l’inaugurazione di una mostra di pittura. Generalmente in formazioni con altri musicisti ma qualche pezzo da sola capita (Tarantella di Mario Castelnuovo Tedesco l’11 febbraio p.v., brano sfiziosissimo, qualche imbarazzo psicologico per l’essere stato eseguito dai più grandi maestri, uno fra tutti Andres Segovia…!). Insomma, resto una musicista, sebbene non sia famosa, anche se non lo faccio per viverci e malgrado non sia certo più in una fase così fruttifera come fu negli anni da studentessa in conservatorio.
Ma mi piace pensare che insegnare a suonare uno strumento possa essere un’espressione dell’essere musicisti. Ecco che i quattro aspetti della vita del musicista elencati da Michele vanno adoperati nella relazione con i propri allievi. Nella realtà che io vivo molto piccoli e ancora inconsapevoli di ciò che vogliono. Alle volte ostili. Senz’altro anche per l’età, oltre che per maggiore o minore inclinazione verso la chitarra o la musica in genere. Sono tutti adatti: 1. porre obiettivi adeguati al talento e ad altre necessarie caratteristiche dell’allievo; 2. indagare e capire le potenzialità dell’allievo; 3. prefissare delle tempistiche di massima nei percorsi didattici; 4. dare un’offerta formativa di tipo orientativo: lo studente potrebbe non amare la musica classica ma essere attratto da altri generi, per esempio il pop; potrebbe non avere spiccato interesse o doti per lo sviluppo tecnico eppure manifestare musicalità ; forse non si iscriverà in conservatorio ma continuerà a suonare in un suo gruppo musicale; forse non ne vorrà mai più sapere niente della chitarra ma, mi auguro, saprà riconoscere e non disprezzerà la buona musica…

Michele Lideo

Gen 18, 2019 at 10:41 AM Reply

Grazie Rosamaria per il tuo interessante contributo, buona Musica!

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